La denominazione Bio avviene per certificazione da parte di enti privati che garantiscono la provenienza dei singoli ingredienti che per portare a un prodotto finito biologico devono essere per il 95% biologici. Per i prodotti sfusi, lo stesso punto vendita dovrà essere certificato per garantire che non vengano utilizzati prodotti non biologici. Bon va oltre al concetto Bio. Lo fa, utilizzando ingredienti ottenuti da agricoltura biologica e selezionando quelli che per le loro caratteristiche nutrizionali intrinseche e funzionali, combinati tra loro, garantiscono un prodotto finito gustoso ma che ha effetti positivi sulla salute.
Non sempre. Un prodotto finito, per legge ha ottenuto la denominazione BIO perché è costituito da almeno il 95% degli ingredienti ottenuti da coltivazioni che seguono il metodo biologico. Ma il come siano stati associati tra di loro i singoli ingredienti non garantisce un profilo nutrizionale migliore rispetto a un prodotto non biologico. Prendiamo ad esempio l’etichetta degli ingredienti di un pacco di biscotti. Potrebbe venir utilizzata farina 00 ottenuta da agricoltura biologica e contenere un’elevata percentuale di zucchero biologico e i due ingredienti messi insieme possono far impennare i livelli di zucchero nel sangue e pertanto aumentare lo stato infiammatorio generale dell’organismo. Stesso dicasi per certi prodotti vegani, che non contengono derivati animali ma possono essere ricchi di olio di palma o di altri acidi grassi saturi.
La completa eliminazione di tutti i derivati animali non porta necessariamente a un prodotto finito sano. Ad esempio molti prodotti come i biscotti vegani sono realizzati con ingredienti il cui consumo può risultare essere dannoso per l’organismo: la farina 00, carente di fibre e ricca di carboidrati ad elevato indice glicemico, lo zucchero o sciroppo di glucosio-fruttosio o grassi vegetali idrogenati dalla cui trasformazione vengono generati acidi trans che aumentano i livelli di colesterolo e quindi anche il rischio di contrarre patologie cardiache e circolatorie. Non solo, il consumo di cibo vegani può determinare carenze di importanti nutrienti: ferro, acidi grassi essenziali, vitamina B12, selenio, calcio, ecc.
“Un alimento può essere considerato «funzionale» se dimostra in maniera soddisfacente di avere effetti positivi su una o più funzioni specifiche dell’organismo, che vadano oltre gli effetti nutrizionali normali, in modo tale che sia rilevante per il miglioramento dello stato di salute e di benessere e/o per la riduzione del rischio di malattia. Gli alimenti funzionali devono comunque restare «alimenti» e dimostrare la loro efficacia nelle quantità normalmente consumate nella dieta. Gli alimenti funzionali non sono pillole o pastiglie, ma prodotti che rientrano nelle normali abitudini alimentari.”
Fonte: EUFIC
Gran parte della popolazione nasce con la capacità di digerire il lattosio presente negli alimenti che, fino allo svezzamento, costituisce com’è noto la principale fonte di nutrimento; progressivamente, col sopraggiungere dell’età adulta, il 60% della popolazione italiana è intollerante al lattosio e pertanto ha difficoltà a digerirlo, questo provoca fastidiosi disturbi. Il motivo biologico di tale difficoltà risiede nell’attività della lattasi, l’enzima che scinde il lattosio, la quale dopo i due anni di età perde la sua funzionalità, a meno che non venga tenuta attiva da un consumo costante di questi alimenti. Tra i sintomi che denotano l’intolleranza di questo carboidrato possiamo elencare i dolori addominali, la diarrea e le flatulenze, il gonfiore, le infiammazioni intestinali, l’elevato sorgere di carie dentali.
Sono gli ingredienti che nel loro profilo nutrizionale hanno una prevalenza di sali minerali alcalini che una volta ingeriti non rilasciano residui acidi nell’organismo dopo la digestione. Sono particolarmente importanti in coloro che normalmente assumono molti cibi ritenuti acidificanti come la carne o derivati del latte o nei vegani che possono avere carenze più o meno importanti di sali minerali come ferro, calcio, zinco o selenio.
Fa male quando consumiamo dosi eccessive di cibi ricchi di glutine perché le farine dei grani moderni ne contengono troppo e in una forma in cui il nostro organismo non è in grado di scomporlo adeguatamente durante il processo digestivo. Che sia biologico o non biologico, non fa differenza. Il 90% del grano coltivato oggi in Italia è il grano Creso, frutto di modificazione genetica ottenuta negli anni ’70 per irraggiamento del frumento duro per avere maggiore resa, maggiore resistenza all’allettamento e maggiore contenuto di glutine. Basti ricordare che precedentemente il contenuto medio di glutine era del 10% e attualmente può raggiungere il 18%. Il grano è stato incrociato a tal punto che oggi il suo corredo cromosomico ha più di 40 cromosomi invece di una dozzina di mezzo secolo fa. Noi di Bon promuoviamo l’utilizzo di farine naturalmente prive di glutine e di farine ottenute da grani antichi. I grani antichi mantengono un rapporto più equilibrato tra presenza di amido e presenza di glutine. Il glutine è composto da due gruppi principali di proteine, le glutenine e le gliadine. Una persona potrebbe essere sensibile a una o a un’altra di queste proteine o a una delle dodici diverse componenti più piccole della gliadina. Quindi una qualunque di queste molecole potrebbe essere alla base di una reazione di sensibilità in grado di provocare infiammazione. Dal punto di vista genetico fino a 1 persona su 4 risulta vulnerabile alla presenza di glutine, non solo, ognuno di noi può essere a sua volta portatore di geni che codificano per versioni lievi di intolleranza al glutine, dando luogo a manifestazioni di sensibilità senza tuttavia trovare nel glutine la causa diretta dei disturbi che l’accompagnano. A prescindere dalle reazioni estreme che portano a una malattia autoimmune come la celiachia, la chiave più corretta per comprendere la sensibilità al glutine è la sua capacità di coinvolgere ogni organo del corpo, anche risparmiando del tutto l’intestino tenue. Il glutine è in grado di alterare la permeabilità intestinale, questo comporta la creazione di veri e propri buchi nella mucosa intestinale e favorisce il passaggio nel corrente sanguigno di batteri nocivi, di frammenti di cibo indigerito e la promozione di infiammazione in altre aree e non solo nell’intestino.
L’eccesso di zucchero nella dieta promuove sovrappeso, degenerazione dei tessuti e invecchiamento precoce. L’eccessivo apporto di zucchero fa sì che avvenga un accumulo di grasso negli organi interni (in primis nel fegato), provoca aumento del rischio di diabete (rischio che aumenta dell’1,1% per ogni 150 kcal di zucchero che assumiamo più del dovuto), del rischio cardiovascolare e di portare a pressione alta: non si dovrebbe eccedere oltre i 20 grammi di zucchero per la donna (4 cucchiani da tè) e i 36 per l’uomo al giorno. Elevati livelli di zuccheri nel portano tra l’altro ad acidificazione dell’organismo e favoriscono la proliferazione di microrganismi ossia batteri, lieviti e muffe che esauriscono rapidamente le riserve di vitamine del complesso B (questo genera stanchezza, scarsa resistenza alla fatica, debolezza generale). Un sottoprodotto dello zucchero, ovvero l’acetaldeide inibisce l’assorbimento di minerali alcalini e di proteine portando a pensiero offuscato e stanchezza eccessiva. Mantenere l’organismo in condizione di alcalinità grazie ai carboidrati non raffinati e a un ridotto apporto di zuccheri raffinati aiuta ad allungare l’aspettativa di vita in salute.
Significa utilizzare ingredienti naturali dotati di proprietà funzionali aggiuntive, ovvero ingredienti in grado di arricchire il profilo nutrizionale del prodotto finito. Ad esempio l’utilizzo di ingredienti ricchi di sostanze antiossidanti aiuteranno a proteggere l’organismo dall’azione dei radicali liberi, altri potranno aiutare ad sostenere l’umore o ad aumentare i livelli di energia e il benessere. Oppure di ingredienti ricchi di sali minerali come lo zinco, oligoelemento che prende parte all’equilibrio acido-base e carente nei vegani, oppure ingredienti ricchi di ferro organico, non da fonti animali, particolarmente utile in tutte le fasi della vita e carente nei vegetariani e vegani.
Bisogna contattare il sito compilando il form, inserendo le notizie sui prodotti sani in vendita ed, eventualmente, inserendo ordini per integrare la propria offerta con prodotti Bon. Sulla base delle indicazioni fornite, se esistono le condizioni il punto vendita sarà inserito nella mappa Bon che aiuta il consumatore a individuare nella propria città i Bar, bistrot e tavole calde che condividono la Bon philosophy. Basterà inserire sul motore di ricerca il punto in cui ci si trova per individuare il punto vendita più vicino.
Bon philosophy significa promuovere la diffusione di cibo sano fuori casa, in particolare per le colazioni, pranzi, cene e snack nei bar, bistrot, tavole calde e ristoranti. Significa diffondere cibi sani e buoni corredati da informazioni chiare sulle modalità di preparazione dei prodotti finiti e degli ingredienti utilizzati. Significa promuovere consapevolezza alimentare sugli effetti del cibo sull’organismo.
Punto di forza di tutti i prodotti Bon è l’utilizzo di ingredienti ricchi di sali minerali alcalini che non rilasciano residui acidi nell’organismo dopo la digestione. Vengono utilizzati ingredienti funzionali e biologici, sapientemente combinati tra loro per non inficiare il caratteristico gusto dolce, e in grado di arricchire il profilo nutrizionale del prodotto finito. Vengono utilizzati ingredienti in grado di apportare i nutrienti che normalmente sono carenti nella dieta di chi segue un regime alimentare vegetariano-vegano. Rispetto agli altri prodotti sul mercato nei prodotti Bon sono ridotti al minimo tutti gli ingredienti ritenuti dannosi per l’organismo.